Donne e vertici aziendali
La crescente richiesta di una maggiore presenza femminile nei ruoli di vertice è un fenomeno che sta guadagnando sempre più terreno, e con buone ragioni. Le donne portano con sé un insieme unico di competenze e prospettive che possono rivoluzionare le dinamiche aziendali, favorendo un maggiore successo organizzativo. Le ricerche dimostrano che le donne leader sono più empatiche, inclusive e orientate alla connessione, caratteristiche fondamentali in un contesto lavorativo in rapido cambiamento (https://www.mckinsey.com/featured-insights/diversity-and-inclusion/women-in-the-workplace). Questo approccio contribuisce a creare ambienti di lavoro solidali e collaborativi, che stimolano la produttività e l’innovazione.
Nonostante i progressi, la parità di genere ai vertici aziendali è ancora lontana. Il rapporto McKinsey “Women in the Workplace 2024” rivela che le donne occupano ora il 29% delle posizioni C-suite, un significativo miglioramento rispetto al 17% del 2015. Tuttavia, la crescita è stata più lenta a livelli manageriali e di ingresso. Le donne di colore, in particolare, rimangono sottorappresentate, con solo il 7% dei ruoli C-suite occupati da donne di colore, rispetto al 22% delle donne bianche.
Inoltre, persiste il fenomeno del “gradino rotto”, che ostacola l’accesso delle donne a ruoli manageriali. Per ogni 100 uomini promossi a manager, solo 81 donne riescono a raggiungere una promozione simile. Tuttavia, nonostante queste difficoltà, le donne continuano a dimostrare una forte ambizione professionale: il 90% delle donne sotto i 30 anni cerca attivamente opportunità di avanzamento e il 75% aspira a ruoli di leadership. L’interesse per la carriera è aumentato dopo la pandemia, passando dal 70% nel 2019 all’80% nel 2023.
Le donne, inoltre, eccellono in numerosi aspetti cruciali della leadership, come la resilienza, l’iniziativa, l’autosviluppo e la guida dei risultati. La loro leadership è caratterizzata da un mix di intelligenza emotiva e intuizione, che si rivela particolarmente adatto al panorama economico complesso di oggi. Sebbene spesso superino gli uomini in queste aree, affrontano sfide significative, come il mettere in discussione la loro competenza e subire micro-aggressioni.
Le molestie sessuali, purtroppo, rimangono diffuse, con il 40% delle donne che le sperimentano nel corso della carriera. Inoltre, la disparità nel lavoro domestico continua, con le donne che svolgono una parte maggiore rispetto agli uomini, senza cambiamenti significativi dal 2016. Sebbene le aziende abbiano adottato alcune politiche per ridurre i pregiudizi nelle assunzioni e nelle valutazioni, manca ancora una strategia efficace per supportare lo sviluppo professionale e la sponsorizzazione mirata per le donne.
Per raggiungere la parità di genere nel mondo del lavoro, le aziende devono affrontare le disparità nei percorsi di carriera, con particolare attenzione al “gradino rotto”. È necessario un cambiamento culturale che influisca sui comportamenti dei dipendenti e che veda i manager più preparati e incentivati a sostenere l’avanzamento delle donne. Nonostante i progressi, resta fondamentale un impegno sistemico e costante per garantire pari opportunità e rappresentanza a tutti i livelli aziendali, affinché le donne possano continuare a dimostrare il loro valore trasformativo nelle organizzazioni.
L’Indice di Reykjavik: società e leadership a confronto.
L’Indice di Reykjavik per la leadership, una misura unica a livello mondiale dell’atteggiamento della società nei confronti della leadership, mostra un preoccupante calo della percezione dell’efficacia della leadership femminile in Europa (https://www.veriangroup.com/news-and-insights/gender-equality-2024-downward-trend).
L’Indice 2024 mostra che, sebbene i Paesi nordici continuino a registrare le opinioni più favorevoli sulla leadership femminile, molte nazioni europee stanno manifestando un orientamento più tradizionale e meno progressista. Ciò suggerisce che le dinamiche della leadership nella regione stanno subendo cambiamenti significativi, con aspettative legate al genere che potenzialmente influenzano l’efficacia della leadership e la fiducia del pubblico nei leader, sia maschili che femminili.
Allo stesso tempo, l’Indice rivela un calo del 2,5% nel punteggio complessivo relativo all’uguaglianza di genere in Europa nell’ultimo anno. In Italia, il punteggio relativo alla parità di genere è particolarmente basso: le donne guadagnano il 16% in meno degli uomini per un lavoro simile. Inoltre, le donne occupano solo il 29% delle posizioni dirigenziali nel Paese e la rappresentanza politica è lenta, con le donne che rappresentano solo il 35% del Parlamento nazionale italiano.
Tutto ciò evidenzia la necessità di azioni più incisive per promuovere la parità di genere e la diversità nella leadership in Europa. Nonostante alcuni progressi, sia l’indice di leadership che il rapporto sull’uguaglianza di genere evidenziano l’importanza di impegnarsi in sforzi sostenuti e mirati per migliorare l’uguaglianza di genere a livello globale.
Imprenditoria femminile: riconoscere e valorizzare il suo impatto oltre i numeri
L’imprenditoria femminile è un elemento vitale dello sviluppo economico, ma in molti paesi continua a essere in ritardo rispetto a quella maschile. I dati mostrano significative disparità di genere nei risultati aziendali, con le imprese di proprietà femminile che spesso registrano vendite inferiori, dimensioni più ridotte e minore redditività rispetto a quelle maschili (https://documents1.worldbank.org/curated/zh/400121542883319809/pdf/Female-Entrepreneurs-How-and-Why-are-They-Different.pdf)
Una delle ragioni principali di questo divario di performance è la concentrazione delle donne imprenditrici in settori specifici, principalmente servizi, vendita al dettaglio e ospitalità. Questi settori, pur essendo accessibili, spesso offrono margini di profitto e potenzialità di crescita inferiori rispetto a quelli dominati dagli uomini, come l’edilizia, la manifattura e l’elettronica.
È interessante notare come la definizione di successo differisca tra imprenditori uomini e donne. Mentre le metriche economiche sono importanti, molte imprenditrici danno valore anche a risultati non finanziari, come la fedeltà dei clienti e l’empowerment personale e comunitario. Questa visione multidimensionale del successo suggerisce che le metriche puramente economiche potrebbero non catturare pienamente l’impatto delle attività imprenditoriali femminili.
Le donne spesso preferiscono il lavoro dipendente a quello autonomo e è più probabile che siano “spinte” verso l’imprenditoria dalla necessità piuttosto che “tirate” dall’opportunità. Tendono ad avere minori aspirazioni di crescita, preferendo modelli di business “lenti e costanti” a imprese a crescita rapida o rischiose. Queste preferenze derivano da una combinazione di fattori, tra cui una maggiore avversione al rischio e il desiderio di equilibrio tra lavoro e vita privata.
Per promuovere efficacemente l’imprenditoria femminile, i politici devono affrontare non solo le barriere più evidenti, come l’accesso ai finanziamenti o alla formazione aziendale, ma anche norme sociali più profonde e vincoli interni. Le politiche dovrebbero riconoscere l’eterogeneità tra le donne imprenditrici ed evitare approcci uniformi. Inoltre, è necessario ampliare la definizione di successo imprenditoriale per includere risultati non economici, riflettendo così la ricchezza e la complessità dell’imprenditoria femminile nel mondo moderno.
Joana Donato ✍🏻️
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