Per molto tempo, sono stata un corpo senza storia. Esclusa, dimenticata
Il romanzo “Pampaluna” nasce dal lungo racconto autobiografico “L’odore del fieno” con il quale l’autrice Sara Durantini ha vinto l’edizione 2006 del premio Tondelli per inediti di giovani narratori.
La narrazione ci trasporta in un’epoca vicina nel tempo, ma che oggi sembra lontanissima, quasi un’altra epoca storica: la fine degli anni Ottanta, un periodo di grandi trasformazioni sociali e politiche per l’Italia e per il mondo, sempre presenti sullo sfondo del romanzo.
Pampaluna è il nome della cascina della bassa mantovana, terra natale dell’autrice, lungo gli argini del fiume Oglio, nel quale è cresciuta la protagonista e voce narrante del romanzo. Siamo nella provincia padana profonda, in un mondo contadino ancora fortemente legato a codici arcaici e patriarcali, nel quale, come si afferma in un passo del romanzo, la vita e il corpo delle donne hanno valore solo in quanto utili a una “comunità” controllata dagli uomini, e il tempo è scandito dagli appuntamenti fissi dell’anno liturgico, delle feste dell’Unità, dal ritmo dei lavori agricoli, la sagra del vino in autunno e l’uccisione del maiale in inverno.
Un mondo nel quale le donne adulte e anziane si raccolgono in cerchio raccontando storie “sottovoce” di altre ragazze e donne ispirate a fatti reali e che assumono mediate dallo sguardo della protagonista toni fantastici e metaforici, come quello della ragazza andata in Svizzera e “tornata senza pancia”.
Pampaluna e il disagio della diversità
Pampaluna racconta il disagio infantile della protagonista, una bambina “diversa” in quel mondo per alcuni versi affascinante, ma conformista, ipocrita e soffocante, soprattutto per le donne.
Sono due le “menomazioni” che la affliggono: un lieve disturbo del linguaggio del quale si rende conto dopo uno svenimento e un trauma cranico, e il divorzio dei suoi genitori. Pampaluna racconta, filtrata dallo sguardo innocente e privo di sovrastrutture di una bambina, la violenza sottile, ma implacabile, esercitata su di lei dal mondo declinante della società contadina, provinciale e patriarcale, che la additava come una “diversa”. E Pampaluna è anche il racconto della scoperta di un mondo diverso, quello che arrivava dalle narrazioni dei libri che la protagonista divora avidamente, a volte “proibiti” per le ragazze di quel mondo, dai personaggi dei cartoni animati come Lady Oscar, una figura di riferimento per almeno due generazioni, dal mondo del cinema e dello spettacolo. Sarà grazie alla scrittura che la bambina riuscirà a ritrovare la sua “voce perduta” e la consapevolezza del proprio corpo, della propria identità e della propria libertà di donna.
Sullo sfondo, un mondo che sta cambiando velocemente, con la caduta del Muro di Berlino prima e della “Prima Repubblica” in Italia alcuni anni dopo. Episodi storici che restano sullo sfondo, sempre filtrati da questo sguardo innocente e profondo, come quello del lancio delle monetine contro Bettino Craxi all’uscita dell’Hotel Raphael di Roma, nel 1993.
L’autrice è nota per la biografia di Annie Ernaux, premio Nobel per la letteratura nel 2022, e nel libro è possibile cogliere le suggestioni stilistiche e tematiche che rimandano alla scrittrice francese.
Pampaluna, un interessante esperimento letterario
Quella di Sara Durantini è una scrittura aggraziata, essenziale e affilata che con un interessante esperimento letterario dà voce diretta all’infanzia e al suo punto di vista, facendo emergere dalla nebbia un mondo oggi quasi scomparso, quello di una società contadina e “tradizionale” nel quale appunto le donne erano relegate a un ruolo marginale, simboleggiato dalle riunioni parlando sottovoce durante il cucito.
Il libro ha uno spunto autobiografico, e Sara Durantini è abilissima a raccontare la violenza sottile, ma capace di provocare grandi ferite psicologiche, che quella società sempre uguale a sé stessa e dominata dalle logiche “maschili” esercitava sulle bambine, sulle ragazze e sulle donne.
Si tratta di neanche quarant’anni fa, e inevitabilmente qualcosa di quel mondo resta anche nella società di oggi.
Con uno stile molto diverso, alcuni anni fa ne “La mala erba” Antonio Manzini, il creatore di Rocco Schiavone, ha raccontato attraverso il punto di vista di una ragazza di diciassette anni di un immaginario paesino della provincia di Rieti, Colle San Martino (non lontano dalla Terni dove l’autrice abita oggi) come il sostrato di quella società tradizionale ancora fortemente presente nella provincia italiana può esercitare ancora una forte pressione e violenza sulle ragazze e sulle donne.
Per entrambe le protagoniste, le piccole città capoluogo vicine al paese natio, Rieti in “La Mala Erba” e Mantova in “Pampaluna” appaiono la porta irraggiungibile di un mondo diverso da quello del quale sono prigioniere.
Pampaluna è anche un racconto generazionale, chi ha più o meno la stessa età della protagonista si può identificare in quella bambina inconsapevole di stare vivendo un periodo di trasformazione epocale del mondo. C’è una sottile e dolce malinconia nell’evocare le atmosfere brumose di quella provincia e del tempo dell’infanzia, ma nel libro di Sara Durantini è assente ogni facile “operazione nostalgia” per quel passato recente, oggi molto di moda. Un passato che sembra migliore del presente spesso solo perché si ricorda in maniera selettiva. La storia ha un forte spunto autobiografico e i temi centrale sono la connessione tra la microstoria personale e la macrostoria che fa da cornice, quello del potere terapeutico della scrittura e quello della “liberazione” delle donne nella società italiana iniziata negli anni Sessanta e accelerato tra gli anni Ottanta e Novanta nel quale il libro è ambientata.
Una liberazione tuttavia ancora incompleta, perché alcuni codici di quel mondo arcaico e patriarcale ancora sopravvivono, soprattutto in quella provincia profonda lontana dalle luci della ribalta mediatica.
Pampaluna è una lettura interessante e molto intensa dal punto di vista emotivo. Nel prossimo articolo uscirà l’intervista a Sara Durantini per approfondire con lei alcuni dei temi emersi dal romanzo: la violenza simbolica esercitata sulle bambine e le ragazze da una cultura contadina e patriarcale ancora dominante nella provincia italiana trent’anni fa (e forse mai del tutto scomparsa), il disagio infantile di chi si è fatto sentire “diverso” da una società segnata dal pregiudizio, le grandi trasformazione politico-sociali dell’Italia dei primi anni novanta viste con l’occhio di una bambina, la scrittura femminile e il suo ruolo nel mondo editoriale di oggi.
Andrea Macciò ✍🏻️
Leggi gli altri articoli della rivista
